CÓD.S04-31 ONLINE

La rappresentazione dello straniero nei libri scolastici dell'Ottocento e del Novecento

Lo “straniero” è un’entità sentita come una minaccia da ogni cultura, da tempo immemorabile. È una minaccia alimentata da paure ataviche e ci fa riflettere su posizioni contraddittorie. Certamente questo senso di minaccia si alimenta e si costruisce fin dai primi anni della nostra vita attraverso un preciso modello educativo e dei suoi contenuti. Ha quindi coinvolto la nostra vita, esprimendosi nelle forme più diverse: dall’idea di pericolo alle suggestioni apparentemente più innocue affidate alle rappresentazioni sociali, a un immaginario collettivo da cui i soggetti non possono sottrarsi, anche quando si riconoscono in valori e visioni di relazioni sociali radicalmente diverse, cioè ispirate all’accoglienza, alla collaborazione, al rispetto reciproco e alla valorizzazione.

Le autrici, al fine di meglio comprendere il fenomeno della percezione e rappresentazione dello straniero, hanno indagato come il tema fosse affrontato nei libri di letteratura per ragazzi dell’Ottocento e del Novecento in Italia, analizzandone contenuti testuali e illustrazioni a partire da una specifica raccolta: il fondo antiquario di letteratura giovanile di INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa) erede del Museo Scolastico Nazionale. L’indagine si è concentrata sulle edizioni a partire dal 1836, anno di pubblicazione del Giannetto di Parravicini, fino al 1938, anno di promulgazione delle leggi razziali, simbolo di un processo di radicale esclusione della diversità in nome della costruzione di un senso di identità e razza.

Come è stata rappresentata la ”differenza” per le nuove generazioni nel lungo processo di costruzione dell’identità nazionale? In che modo la normatività degli adulti ha plasmato la letteratura per bambini sin dalle sue origini?

I libri di testo, così come la letteratura per l’infanzia, contribuiscono fortemente a creare uno stereotipo senza il quale la politica in arrivo non sarebbe possibile: educazione all’accoglienza, alla tolleranza, insegnamento dell’incontro con l’altro in nome della semplice appartenenza al genere umano, ma anche , al contrario, educazione al rifiuto, all’intolleranza e al confronto in nome di un senso di identità che si ritiene essenziale costruire e rafforzare.

Il libro offerto ai bambini (sia esso un testo scolastico o una letteratura di intrattenimento) è anche uno strumento istruttivo-educativo finalizzato al controllo, offrendo stereotipi e modelli a chi non è ancora adulto. Lo stereotipo / modello proposto sia nell’età liberale che, più marcatamente, nel periodo totalitario implica spesso un’accentuazione del tema delle differenze che separano il “fuori” dal “dentro” di una comunità, il simile, il conosciuto dal diverso, dall’ignoto.

Ciò che è fuori – o viene da fuori ma ora è dentro – viene, nella migliore delle ipotesi, umanizzato nonostante la sua alterità, e quindi portato nell’ordine interno (normalizzato), secondo le esigenze di un sistema educativo tradizionale volto a favorire l’adattamento del bambino al mondo degli adulti.

Le numerose descrizioni ’didattiche’ (testuali e iconografiche) della diversità che abbiamo individuato, hanno lo scopo di insegnare ai bambini come non discostarsi dal modello egemonico, come non essere diversi, o, nella migliore delle ipotesi, come inserirsi nell’ordine stabilito, o come introiettare un forte istinto essere emarginati da coloro che non sono simili. L’apparente semplicità dei testi destinati ai bambini rivela l’identificazione dei rapporti di potere, l’affermazione dell’ordine di potere esistente, l’esame dei concetti di norma e normatività.

Oggetto della presentazione è quindi una breve indagine su squilibrio, disuguaglianza e asimmetria, che ci permette di esplorare, da un punto di vista singolare e finora trascurato (il testo dei bambini), il concetto di discriminazione generata da genere, classe, nazionalità o gara.

Palabras clave

Didáctica Educación Identidad Literatura Narrativa

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